Ai piedi di Elena

Elena si accorse dei continui sguardi che lanciavo verso i suoi piedini e le sue scarpe con il tacco alto.
Stavo riparando il suo computer, eravamo soli nell’ufficio.
La segretaria che condivideva l’ufficio con Elena era infatti impegnata in una “riunione” molto importate per l’acquisizione di nuovi clienti e relativa crescita dell’azienda.
Elena restò in piedi davanti a me; nonostante lavorassi lì da mesi era la prima volta che sembrava avere attenzione nei miei confronti.
“Ti piacciono, vero?”, disse Elena rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato nella stanza.
“I pc?”, risposi impacciato dopo qualche secondo.
“I miei piedi”, disse tendendo una gamba verso di me.
Mi limitai a sorridere diventando però rosso per la vergogna.
“Non sono quel genere di persona”, risposi cercando di rinnegare il mio lato feticista che invece era presente eccome mentre sentivo di cominciare a sudare.
“Non c’è bisogno di rispondere, lo ho capito sai. Non sono mica una bambina”, aggiunse Elena ritraendo la gamba.
Seguirono nuovamente alcuni eterni attimi di assordante silenzio.
“Cosa saresti disposto a fare?”, disse quindi Elena; “per avere cosa?”, risposi io impaurito ed eccitato allo stesso tempo.
“Per…averli”, disse con voce calda e sensuale facendo scivolare un piedino fuori dalla scarpetta; “Cosa faresti se ti chiedessi di baciarmeli?”, continuò appoggiando il piede nudo sul mio ginocchio.
Aveva dei piedi meravigliosi con le unghie smaltate di colore argento; raramente ne avevo visti di così piccoli e belli.
“O forse preferiresti leccarmeli?”, disse nuovamente.
In quel momento sentii come se il mio cazzo stesse esplodendo sotto i miei boxer.
“Toccalo”, disse Elena con un tono più da ordine che da richiesta.
Presi in mano il piede di Elena, ne accarezzai le dita prima tutte insieme, poi una alla volta, quindi scesi e comincia a massaggiarlo lungo tutta la pianta.
Elena chiuse gli occhi, sembra che si stesse eccitando anche lei.
Proprio in quel momento si aprì la porta ed entrò Guido, uno dei dirigenti a cui Elena faceva da segretaria.
Elena rapidamente tolse il piede dal mio ginocchio e lo infilò di nuovo nella scarpa.
“Che succede qui”, disse Guido; “fammi un caffè”, aggiunse senza attendere alcuna risposta e uscendo dalla stanza lasciando la porta aperta.
Elena andò alla macchinetta, fece il caffè e si diresse verso l’ufficio di Guido chiudendosi la porta alle sue spalle.
Terminai di sistemare il pc di Elena; attesi circa 20 minuti che lei tornasse ma evidentemente aveva molto da fare con quel dirigente.
Lasciai la postazione di Elena e mi diressi nel mio ufficio facendo tappa al bagno per segarmi con la speranza di poter venire un giorno su quel bellissimo piede che avevo avuto l’onore di tenere tra le mani.